particolare della vetrata dell'abside della parrocchia foto del papa Giovanni Paolo secondo che incorona la statua della Madonna "La Parrocchia è una casa di fratelli, resa accogliente dalla Carità"
Giovanni Paolo II alla Comunità di Torre Spaccata

Diocesi di Roma
S. MARIA REGINA MUNDI
Padri Carmelitani della Provincia Italiana
[sei in: SPIRITUALITÀ/lectio divina]

F.A.Q. SULLA LECTIO DIVINA

Carlo Maria Martini, quando era Arcivescovo di Milano aveva avviato una "Scuola della Parola" per aiutare i giovani ad accostare la Scrittura secondo il metodo della lectio divina.
Publichiamo di seguito alcuni suoi consigli per intraprendere questa forma di preghiera.

foto della Bibbia 1. Cosa vuol dire lectio divina? Cos'è concretamente? [leggi]
2. Chi ha "inventato" questo metodo di lettura-preghiera? [leggi]
3. Dunque cosa devo fare? [leggi]
4. Quali passi ulteriori fare per proseguire? [leggi]
5. Dove porta questa esperienza? [leggi]




1. La lectio divina è un approccio graduale al testo biblico e risale all'antico metodo dei Padri, che a loro volta si richiamavano all'uso rabbinico.

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2. La suddivisione classica in memoria, intelletto, volontà è molto antica ed è sviluppata in particolare da sant'Agostino per quanto riguarda il tema della memoria. Più tardi questa triade diviene sinonimo di un processo meditativo riferito alla Scrittura o a una verità di fede.
Ricorderò anche, brevemente, il metodo della "contemplazione evangelica", termine usato ordinariamente per indicare il modo di meditare una pagina del Vangelo: un significativo esempio l'abbiamo nel libretto de Gli Esercizi spirituali di Ignazio di Lojola, che a partire dalla seconda settimana parla di "contemplazione" perchè al lavoro dell'intelletto subentra prevalentemente il coinvolgimento esistenziale e orante con la scena evangelica.
Tutto questo è utile per comprendere meglio quale sia la caratteristica specifica della preghiera cristiana.

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3. Il metodo patristico della lectio divina è semplicissimo e lo raccomando sempre ai giovani per entrare nella preghiera. Fondamentalmente prevede tre grandi gradini o momenti successivi: la lectio, la meditatio, la contemplatio.
La lectio consiste nel leggere e rileggere la pagina della Scrittura, mettendo in rilievo gli elementi portanti.
Per questo consiglio di leggere con la penna in mano, sottolineando le parole che colpiscono, oppure richiamando con segni grafici i verbi, le azioni, i soggetti, i sentimenti espressi o la parola-chiave.
In tal modo la nostra attenzione viene stimolata, l'intelligenza, la fantasia e la sensibilità si muovono facendo sì che un brano, considerato magari arcinoto, appaia nuovo.
A me che da tanti anni leggo il vangelo succede, ad esempio, che riprendendolo in mano scopro ogni volta delle cose nuove proprio attraverso il metodo della lectio. Questo primo lavoro può occupare parecchio tempo, se siamo aperti allo Spirito: si colloca il racconto letto nel contesto più vasto, sia dei brani vicini, sia dell'insieme di un libro, sia dell'intera Bibbia, per capire che cosa vuol dire.
La meditatio è la riflessione sui valori perenni del testo.
Mentre nella lectio assumo le coordinate storiche, geografiche, culturali anche, del brano, qui si pone la domanda: Che cosa dice a me? Quale messaggio in riferimento all'oggi viene proposto autorevolmente dal brano come parola del Dio vivente? Come vengo provocato dai valori permanenti che stanno dietro alle azioni, alle parole, ai soggetti?
La contemplatio è difficilmente esprimibile e spiegabile.
Si tratta di dimorare con amore nel testo, anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla attraverso ogni pagina della Bibbia: Gesù, Figlio del Padre, effusore dello Spirito.
Contemplatio è adorazione, lode, silenzio davanti a colui che è l'oggetto ultimo della mia preghiera, il Cristo Signore vincitore della morte, rivelatore del Padre, mediatore assoluto della salvezza, donatore della gioia del Vangelo.
Nella pratica i tre momenti non sono rigorosamente distinti, però la suddivisione è utile per chi ha bisogno di incominciare o di riprendere questo esercizio.

Il nostro pregare è come un filo rosso che collega un po' le giornate l'una all'altra e può succedere che sullo stesso testo della Scrittura ci soffermiamo un giorno soprattutto con la meditatio mentre un altro giorno passiamo rapidamente alla contemplatio.

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4. La triplice distinzione, tuttavia, esprime in maniera appena embrionale il dinamismo della lectio divina, che andrebbe colto in tutta la sua ampiezza. Tale ampiezza, infatti, prevede otto gradini progressivi: lectio, meditatio, oratio, contemplatio, consolatio, discretio, deliberatio, actio.
Mi sembra opportuno accennarli brevemente.
L'oratio è la prima preghiera che nasce dalla meditazione: Signore, fammi comprendere i valori permanenti del testo, che mi mancano, donami di capire qual è il tuo messaggio per la mia vita. E a un certo punto, questa preghiera si concentra nell'adorazione e nella contemplazione del mistero di Gesù, del volto di Dio.
L'oratio si può esprimere anche in richiesta di perdono e di luce o in offerta.
La consolatio è molto importante per il nostro cammino di preghiera (e sant'Ignazio di Lojola ne parla più volte nel suo libretto de Gli Esercizi spirituali).
Senza questa componente, la preghiera perde di sale, di gusto. La consolatio è la gioia del pregare, è il sentire intimamente il gusto di Dio, delle cose di Cristo. É un dono che ordinariamente si produce nell'ambito della lectio divina, anche se evidentemente lo Spirito santo è libero di effonderlo quando vuole.
Solo dalla consolatio nascono le scelte coraggiose di povertà, castità, obbedienza, fedeltà, perdono, perché è il luogo, l'atmosfera propria delle grandi opzioni interiori. Ciò che non viene da questo dono dello Spirito dura poco ed è facilmente frutto di moralismo che imponiamo a noi stessi.
La discretio esprime ancora più chiaramente la vitalità della consolatio. Infatti, mediante il gusto del Vangelo, mediante una sorta di fiuto spirituale per le cose di Cristo, diventiamo sensibili a tutto quello che è evangelico e a ciò che non lo è.
Si tratta quindi di un discernimento importante perché noi non siamo chiamati solo a osservare i comandamenti all'ingrosso, ma a seguire Cristo Gesù. E la sequela non ha un'evidenza immediata nelle scelte quotidiane se non siamo per così dire entrati nella mente di Gesù, se non abbiamo gustato la sua povertà, la sua croce, l'umiltà del suo presepio, il suo perdono.
Questa capacità di discernere, nelle ordinarie emozioni e nei movimenti del cuore, il marchio evangelico è un dono così grande che san Paolo lo chiedeva per tutti i fedeli: "Vi sia data abbondanza di sensibilità perché possiate discernere sempre il meglio, ciò che piace a Dio e ciò che è perfetto" (cfr. Fil 1, 9-10, Rm 12, 2).
Oggi la Chiesa ha estremamente bisogno della discretio perché le scelte decisive non sono tanto sul bene e sul male (non ammazzare, non rubare), ma su ciò che è meglio per il cammino della Chiesa, per il mondo, per il bene della gente, per i giovani, per i ragazzi.
La deliberatio è un successivo passo. Dalla esperienza interiore della consolazione o della desolazione, impariamo a discernere e, quindi, a decidere secondo Dio.
Se analizziamo attentamente le scelte vocazionali, ci accorgiamo che hanno, magari inconsapevolmente, questo andamento. La vocazione, infatti, è una decisione presa a partire da ciò che Dio ha fatto sentire e dall'esperienza che se ne è fatta secondo i canoni evangelici. Anche la deliberatio, come la discretio, viene coltivata in particolare mediante il dinamismo della lectio divina.
L'actio, infine, è il frutto maturo di tutto il cammino. La lectio e l'actio, perciò, la lezione biblica e l'agire, non sono affatto due binari paralleli.
Non leggiamo la Scrittura per avere la forza di compiere quello che abbiamo deciso! Invece, leggiamo e meditiamo affinché nascano le giuste decisioni e la forza consolatrice dello Spirito ci aiuti a metterle in pratica.
Non si tratta, come spesso pensiamo, di pregare di più per agire meglio; ma di pregare di più per capire ciò che devo fare e per poterlo fare a partire dalla scelta interiore.

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5. Dovrebbe portare a far sì che ci si senta interpellati direttamente da Dio, che si impari cioè ad ascoltarlo. Non semplicemente che si conosca la Scrittura o si ascolti un bravo biblista, ma che ci si senta personalmente interpellati dalla Parola.
Quando questo accade, facciamo un'esperienza indimenticabile; basta farla una volta perché si radica nella vita e continua ad attrarci verso la Scrittura.
Allora non abbiamo più bisogno di altre raccomandazioni, di sussidi esterni perché la Parola ha colpito dentro. Allora la risposta di chi si sente interpellato diventa anche risposta vocazionale: Signore, che cosa vuoi da me?
Dunque, il nostro desiderio è di aiutare tutti a lasciarsi interpellare da Dio, a imparare ad ascoltarlo anche (non solo) a partire dalle pagine bibliche dove Dio parla oggi all'uomo nello Spirito, così da rispondergli.
E allorché una persona capisce che le Scritture parlano di lei e a lei, si inizia quel dialogo che non si fermerà più, di cui si sentirà sempre nel profondo del cuore una grande nostalgia.
La conoscenza di Gesù e del cristianesimo sarà solida, integrata, non appiccicata, e la persona diverrà essa stessa, in qualche modo, Parola di Dio per gli altri.

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