"La Parrocchia è una casa di fratelli, resa accogliente dalla Carità"
Cari amici,
anche questa estate la Parrocchia, e in  particolare il Centro d’Ascolto della Caritas e per esso il Centro di  Accoglienza della nostra Associazione “Camminare Insieme”, non ha chiuso per  ferie, anzi hanno vigilato ed hanno continuato a lavorare, con più lena e con  particolare attenzione alle sempre pressanti necessità dell'ascolto e dell'attenzione  ai più sfortunati, con i propri operatori, con i propri volontari.
Il nuovo anno pastorale è alle porte, ed il tema conduttore, che ci dovrà tenere impegnati, sarà: “La Carità non avrà mai fine”. Questo mi ha fatto ritornare indietro con la memoria e mi ha fatto riflettere: stiamo lavorando bene? Perché dopo tanti anni bisogna, quasi, ricominciare sempre da capo? Quante cose belle abbiamo realizzato, ma quante sono state delle occasioni perdute?
  Molti non hanno memoria di quanto si è fatto nel  tempo, ossia dal 1989, anno in cui fu fondato il Centro d’Ascolto, con la firma  “storica” di don Luigi Di Liegro e degli operatori di allora. Sembravamo degli  scolaretti: c’era Attilio, Antonio, Maurizio, Vincenzo..…
  Quanti ricordi, iniziative, incontri, corsi… Un  impegno in prima linea e di grande responsabilità!
  I primi approcci, i primi progetti: il “Gruppo” del  CEIS, l’animazione e la presenza alle celebrazioni domenicali, la  partecipazione al Sinodo Romano (una esperienza indimenticabile), la prima  lettura del territorio che coinvolgeva l’intera comunità, la scelta di costituire  un’associazione di volontariato (CAMMINARE INSIEME by p. Lucio), dove circa 45  persone si sono qualificate e hanno sottoscritto l’impegno di condivisione, di  scelta pastorale, l’impegno di servizio verso gli ultimi, i più bisognosi… e  quanti volontari (anche esterni alla nostra comunità) sono passati da noi, e  con noi hanno condiviso molte gioie e difficoltà, molte esperienze e progetti,  come la incomparabile e stupenda esperienza della Bosnia.
 
  Missione che abbiamo  espletato, coinvolgendo l’intera comunità Parrocchiale, con 35 volontari, che  si sono avvicendati nelle missioni, centinaia di persone, famiglie, che si sono  impegnate e rese disponibili, a portare anche un chilo di zucchero.
 
  Bene,  abbiamo assistito per 12 mesi 45 famiglie bosniache ed abbiamo ospitato bambini  offesi dalla guerra. Chi non dimentica quella bellissima esperienza  dell’incontro festoso con i 15 bambini della ex Jugoslavia?
 
  Tutta la comunità  si è prodigata ed in modo festoso, catechisti, bambini del catechismo, giovani  dell’oratorio, dei Piccoli Cantori, famiglie, che hanno festeggiato, giocato.  Nell’incontro di pallone, anche se molti avevano le stampelle, non si  distinguevano, con i nostri ragazzi dell’oratorio.
 
  Insomma, era una comunità  accogliente, festosa, una comunità d’amore. E perché dimenticare il primo  Centro di Accoglienza, a Roma, per bambini Rom. In tale occasione, ove ci siamo  recintati, ma abbiamo dato una bellissima esperienza, di solidarietà, abbiamo  accolto circa 200 persone. Quanti lo ricordano, anno 1993, mese di giugno.
  Molti volontari provenivano dai corsi Diocesani,  dove il sottoscritto era un animatore, un relatore, un insegnante, un  testimone. Molti nostri giovani si sono impegnati. Era un bel gruppo di circa  40 persone.
  Ciò, a distanza di anni deve ancora far riflettere,  perché oggi, tanta poca attenzione da parte dei nostri parrocchiani? Perché  oggi assistiamo ad un calo di interesse? Di Impegno sociale, di servizio verso  gli ultimi?
  C’erano anche i nostri giovani, ma c’erano tanti  volontari che ci facevano sentire il respiro della Diocesi… Tutti a conoscere  Don Luigi e la Mensa  di Colle Oppio: un anno toccammo il record di volontari, tra quelli della  nostra Parrocchia e qualche amico delle Parrocchie vicine: 250 volontari; eravamo  la prima Parrocchia romana in assoluto, come presenze!
  Quanti senzatetto, quanta povera gente, quante  persone disperate abbiamo incontrato…E per tutti c’era un caloroso sorriso e  tanto amore.
  Fummo la prima parrocchia romana ad avere uno Statuto  della Caritas Parrocchiale (molto “gettonato” nelle Parrocchie Carmelitane),  approvato nel 1992 dal Consiglio Pastorale Parrocchiale. P. Lucio, lo  propagandava con molto entusiasmo, negli incontri con le varie Comunità  Carmelitane, sparse per l’Italia.
  Poi a seguire nel febbraio 1994, con Don Luigi Di  Liegro, dedicammo il nostro Centro di Ascolto al Ven. Angelo Paoli. Beh…Credo  che di strada ne abbiamo fatta!
  Di tempo ne è passato, di impegni ne abbiamo  portati avanti e concreti. Una parte di storia della nostra Comunità l’abbiamo  tracciata.
  Ad oggi, dopo tredici anni, molta gente (non solo  di Torre Spaccata), ha bussato alla nostra porta di via Giggi Pizzirani, 25 sul  Parco Mancini, dove ha sede l’Associazione “Camminare Insieme”- Organizzazione  di Volontariato.
 
  Ad oggi, abbiamo raggiunto il numero di circa 30.000 persone  (tecnicamente li chiamiamo utenti).
 
  Ad ognuno di loro abbiamo dato speranza,  accoglienza, sorriso, aiuto, sostegno economico, invio in strutture ricettive,  sostegno psicologico, sostegno lavorativo, invio in comunità di accoglienza,  assistenza legale.
  Quanti sanno, che la nostra virtù è l’ospitalità,  l’accoglienza. In virtù di questa nostra missione, (definita da un ampio  progetto approvato dal Vicariato e presentato alla Regione Lazio),  abbiamo ospitato sino ad oggi e per brevi  periodi, 43 persone in disagio economico, per violenza, per sfruttamento, per  mancanza di alloggio, anziani buttati fuori casa… E tutto sempre confidando  nella Provvidenza e nei pochi, pochissimi, che credono in noi, ci danno  speranza, ed a quanti ancora e si impegnano, senza sosta, mettendo la loro vita  da anni al nostro servizio e senza interruzioni.
  Ma quanto di tutto ciò ha veramente coinvolto e interessato  la nostra comunità parrocchiale?
  Quante volte ci si è ‘trincerati’ dietro il proprio  gruppo pensando che “c’erano quelli che dovevano pensarci”…E la nostra  coscienza è pulita, felice di esserne fuori.
  Paolo VI nella sua visita pastorale, fatta nella  nostra Parrocchia, disse che la   Comunità è dove tutto si condivide tra fratelli!
  Per questo dobbiamo interrogarci su che tipo di chiesa  siamo diventati.
  La chiesa è fuori, in mezzo alla gente che si aspetta  un qualcuno diverso, sensibile, aperto, amorevole, disponibile, che si prodiga  per correre incontro all’altro.
  Noi ci accontentiamo di dare viveri e vestiario… abbiamo  fatto la nostra parte e la coscienza è a posto e tutti si sentono in pace.
  E quanti “Gesù Cristo” abbiamo mandato via, perché  non l’abbiamo riconosciuto e magari lo abbiamo trattato male, perché era  strano… Ma qualcuno ha detto che saremo chiamati a dare conto della mancanza di  interventi, di non aver dato da bere agli assetati, di non aver accolto i  diseredati, di non averli aiutati a risolvere i loro problemi.
  E le domande si accavallano: non basta un nuovo  sito web per rinnovare il volto della parrocchia? Esso, ci può aiutare nella  nostra attività di servizio? Può essere di stimolo per i giovani, di sostegno  per gli anziani soli, di progettazione per le tante piaghe sociali, di denuncia  per l’assenza di servizi…?
  Ma non può supplire al nostro disinteresse, alla  nostra tiepida testimonianza, alla mancanza di attenzione per gli ultimi!
  Dobbiamo tornare ad essere attenti agli accadimenti  del nostro territorio. A riconoscere i mali che affliggono la nostra gente, la  nostra comunità. Ad essere un’antenna sul nostro  territorio.
  E non basta neanche dire che “adesso c’è il  Comitato di Quartiere”…la panacea di tutti i problemi irrisolti!
  In collaborazione con esso stiamo, ad esempio,  collaborando alla progettazione ed alla nuova sistemazione del Parco Mancini.  Ma come trovare soluzioni all’uso ‘incredibile’ che fanno molti giovani  che lo frequentano e ci scorazzano dentro con  le loro moto fino a tarda sera facendo gimcane e schiamazzi. Non si tratta solo  di chiuderlo, si tratta di gestirlo, di sorvegliarlo, di controllarlo per  poterlo rendere fruibile, in sicurezza, da parte di tutti. Certo, potremmo  impegnarci tutti insieme, e con l’aiuto della Caritas Diocesana, a partecipare  ad un gruppo di Animazione giovanile, per dialogare con loro, per sentire le  loro necessità, i loro problemi, il loro vissuto. Un corso, è prossimo a  partire.
  E, inoltre, la sicurezza di viale dei Romanisti, il  trasposto pubblico… ma sono convinto che questi problemi avranno presto una  soluzione. La nostra Parrocchia è anche in prima linea e sta utilizzando le  proprie risorse, per molte situazioni, come la messa a dimora delle panchine di  sosta ATAC, approvata. 
   
  Volevo concludere la mia riflessione tornando a don  Luigi Di Liegro: per chi ha avuto, come me, il piacere, l’onore, la gioia di  essergli accanto, racchiudeva l’essenza del buon Samaritano, che si prendeva  cura del derelitto, senza nome né patria; era il prete, testimone della fede  cristiana, che sapeva coniugare il servizio presbiterale con quello laicale, lo  faceva da uomo e da prete “unico”.
  Ma quanti Di Liegro dovrebbero nascere?  
  Cosa vuol dire, fare del volontariato?
  Cosa è il dono di sè? 
  Cosa vuol dire “impegno sociale e politico del cristiano”?
  Cosa dice il Titolo V e per esso l’art. 118 della  nostra Costituzione?
  Cosa significa sussidiarietà?
  Quanto di tutto ciò interessa il cristiano, la Chiesa?
  Don Luigi l’aveva capito, compreso,  testimoniato.  Morì a Milano, dopo un  controllo sotto sforzo; l’avevo sentito la sera prima ed avevo percepito che  era l’ultima sera che l’avrei rivisto. Giorni addietro, c’eravamo visti, e come  sempre, mi aveva confortato e stimolato a continuare nell’impegno nella Caritas  e nel territorio. Lo ricordo ancora con un senso di commozione, che ancora  adesso mi attanaglia. Ebbene, a distanza di una settimana, doveva esserci il  consueto incontro annuale al Don Orione sugli immigrati. Sul volantino c’era il  suo nome. Mi coricai e cercai di dormire. La mattina, alle prime ore dell’alba  di un giorno di ottobre, improvvisamente, mi venne in sogno (difficilmente  ricordo i sogni): don Luigi scendeva sorridente, dalle strette scale di Piazza  Poli (la sua casa), mi passava accanto, ed attraversava un passaggio bloccato  da grate, vi passava attraverso e sempre sorridente ne riusciva, portando con  sè una persona per mano.
  Un bellissimo ricordo, che non potrò dimenticare  mai.
Pace e bene a tutti
  Vincenzo Fiermonte